Sovvertire qualsiasi regola per avvicinarsi ad un’idea di cinema che l’industria hollywoodiana fatica ancora a comprendere, a digerire. E con lei tutti coloro che di cinema si alimentano, scrivendone o semplicemente rifugiandosi in una sala. Un’idea di cinema in cui è la bellezza delle immagini ad avere il completo controllo, fregandosene altamente di strutture canoniche e costruzioni moraleggianti.
Forte di ben nove pellicole che gli hanno permesso di essere annoverato come uno degli autori più rappresentativi del cinema danese e di una nutrita e affezionata schiera di ammiratori, con The Neon Demon Nicolas Winding Refn rompe definitivamente qualsiasi legame con la tradizione, dopo aver anticipato la sua naturale propensione alla cosiddetta “esperienza cinematografica” già con Solo Dio perdona (uscito nel 2013).
Un’esperienza in cui non c’è spazio per la logica narrativa e dalla quale non si può far altro che lasciarsi travolgere, prima dallo sguardo innocente, mellifluo e spaventosamente erotico di Elle Fanning, dopo dalla macchina da presa di Refn che incastona le sue creature selvagge in giochi di luce e colori talmente potenti e densi di significato da mandare in visibilio anche il più scettico degli spettatori.
Il tutto accompagnato dalla magica, straniante e coinvolgente colonna sonora di Cliff Martinez, che dopo Drive e Solo Dio perdona torna a rendere l’opera di Nicolas Winding Refn un viaggio senza precedenti in cui musica e immagini si fondono per raccontare in maniera del tutto arbitraria quello che si cela dietro una Los Angeles ossessionata dalla bellezza, pronta a uccidere e divorare (letteralmente) pur di aspirare alla perfezione.
Il regista danese non si cura del giudizio degli altri, estremizzando idee, sogni e incubi per realizzare un quadro delirante e ipnotico sul vero grande demone del nostro tempo, che tutto può creare e tutto può distruggere. Eccessivo, disarmante, straordinario. Questo è The Neon Demon. Questo è Nicolas Winding Refn.