Spiderhead è il nuovo thriller di fantascienza disponibile sulla piattaforma Netflix dal 17 giugno. Diretto da Joseph Kosinski (reduce dal successo al botteghino di Top Gun: Maverick), sceneggiato da Rhett Reese e Paul Wernick (Benvenuti a Zombieland, Deadpool 2), il film è basato sulla storia breve “Escape From Spiderhead”, parte della raccolta di racconti “Dieci dicembre” (da noi edita da Minimum Fax) dello scrittore George Saunders (vale la pena recuperare “Il declino delle guerre civili americane”, edito da Einaudi).
Spiderhead ci porta su una non ben identificata isola, dove vengono condotti bizzarri esperimenti su alcuni detenuti. I prigionieri hanno accettato che vegano testati su di loro farmaci volti ad alterare lo stato d’animo e il comportamento degli individui; in cambio gli è concessa una detenzione più confortevole, tra sfiziosi stuzzichini e vecchi videogiochi arcade. Gli esperimenti sono condotti da Steve (Chris Hemsworth, anche produttore della pellicola), apparentemente gentile e comprensivo, che sembrerebbe aver trovato il suo soggetto preferito in Jeff (Miles Teller). Jeff è detenuto per aver causato la morte di un suo amico in un incidente, mentre era alla guida in stato di ebrezza. Il rimorso lo porta ad accettare qualsiasi test, una sorta di modo per espiare le sue colpe, ma i suoi sentimenti per la detenuta Lizzy (Jurnee Smollett) potrebbero presto cambiare le cose.
Joseph Kosinski è un regista con alle spalle una formazione da architetto; elemento che traspare negli ambienti essenziali, al limite dell’asettico, di Oblivion (pellicola di fantascienza da lui precedentemente diretta). Una sensibilità e un gusto che si ritrovano anche in Spiderhead: la struttura dove è ambientato il film ricorda, con i suoi interni spogli, l’architettura brutalista, dove dominano i grigi del cemento a vista. Una caratterizzazione ideale per una prigione che si vuole mascherare da residenza per le vacanze; l’oppressione e il grigiore vengono spacciati per design, nel tentativo di far dimenticare ai prigionieri la loro condizione.
Un approccio che si manifesta anche nel comportamento di Steve; un personaggio falsamente gentile, come i migliori venditori porta a porta, che cerca di avvicinarsi alle sue cavie ponendosi come un amico. Un ruolo inedito per Hemsworth, di solito nei panni del simpatico eroe, qui dismessi per quelli dello sgradevole manipolatore, pronto a tutto per portare avanti il suo esperimento disumano.
Se alcune delle scelte scenografiche e l’inusuale interpretazione di Hemsworth rappresentano i due elementi più interessanti di Spiderhead, per il resto la pellicola soffre della sciatteria che affligge diverse delle produzioni Netflix. Una regia anonima e una fotografia poco ispirata contribuiscono ad un look da sci-fi distopico generico, senza riuscire a regalare una singola scena davvero memorabile.
Sul versante scrittura, si avverte che la storia è tratta da un racconto breve, il cui contenuto è stato allungato all’inverosimile. La sensazione è quella di un episodio di qualche serie antologica – la cosa che più si avvicina , per atmosfera e tematiche, è Black Mirror – con venti-trenta minuti di troppo. Le riflessioni sul senso di colpa e sui limiti del libero arbitrio presentate da Spiderhead sono interessanti sulla carta, ma non pienamente valorizzate dalla pellicola nella sua esecuzione.