Il fatidico dilemma tra ambizione e senso del dovere arriva a scuotere la sempre impeccabile Isabelle Huppert in La promessa – Il prezzo del potere, nuova opera di Thomas Kruithof. Il film, prodotto dalla France 2 Cinéma e selezionato come apertura per la sezione Orizzonti nell’ultima edizione del Festival del Cinema di Venezia, uscirà nelle sale a partire dal prossimo 10 marzo.
Dopo il thriller a sfondo politico La meccanica delle ombre (2016), Kruithof ritorna proprio in questo mondo, narrando la vicenda di Clémence Collombet (Isabelle Huppert), sindaco ormai “a fine mandato” di Bernardins, un piccolo e complesso distretto alle porte di Parigi. Sempre affiancata dal consigliere Yazid Jabbi (Reda Kateb), la fermezza di Clémence verrà messa a dura prova da un’inaspettata proposta per la nomina di ministro.
In La promessa – Il prezzo del potere, certa punta di diamante è l’interpretazione solida e senza sbavature di Isabelle Huppert, impeccabile nei panni della sua Clémence. Tanto inappuntabile da non riuscire tuttavia a smuovere l’intero complesso del film che risulta avere fiato un po’ corto.
Spogliato di qualsivoglia orpello, l’occhio di Kruithof tende a indagare, fino ai confini più percepibili il legame fra politica e battaglia sociale, in un continuo gioco tra visione esterna e interna. La prima è effettivamente rappresentata da Yazid Jabbi, interpretato egregiamente da Reda Kateb (Zero Dark Thirty, 2013; Submergence, 2017), portavoce di Clémence che tenta una continua mediazione tra cittadini e autorità.
L’aspetto interno – sia legato all’aspetto umano che quello più propriamente diretto alla protagonista – è delegato, come è chiaro, interamente al ruolo della Huppert. Per questo motivo, affidando una missione così imponente a un solo personaggio, La promessa – Il prezzo del potere sembra mancare di mordente quasi si muovesse più verso una dialettica “saggistica” che prettamente narrativa. Ed è quindi più facile, seguendo questo tipo di metodologia, perdere il focus di interesse nella volontà, più che originale e interessante, di mostrare una molteplicità di punti di vista.
La scrittura del lungometraggio, firmata dal regista stesso e da Jean-Baptiste Delafon, tende ad assumere dei ritmi piuttosto sommessi – fermo restando la poetica del “tratto dal vero” oramai firma di Kruithof – e forse poco adatti a una narrazione che offre molti più spunti di azione.
La promessa – Il prezzo del potere rappresenta, quindi, una buona occasione per tutti quanti vogliano rifarsi gli occhi con due ottime interpretazioni (Huppert e Kateb) e un perfetto gruppo di comprimari, approfondendo il discorso delle dinamiche sociali non solo attraverso gli occhi del potere ma in special modo seguendo quelli dell’essere umano.